Secondo i numeri elaborati da Legambiente sull’azione repressiva svolta dalle forze di polizia e dalle Capitanerie di porto, nel 2016 la legge 68/2015 ha consentito di sequestrare 133 beni per un valore di circa 15 milioni di euro e di sanzionare 574 ecoreati - più di uno e mezzo al giorno - di cui 173 hanno riguardato specificamente i nuovi delitti (30% del totale).
Entrando nello specifico dei dati sull’azione repressiva svolta nel 2016 dalle forze di polizia, sul fronte dei delitti contestati, sono 143 i casi di inquinamento ambientale, 13 quelli di disastro ambientale, 6 quelli di impedimento di controllo, 5 i delitti colposi contro l'ambiente, 3 quelli di omessa bonifica e 3 i casi di aggravanti per morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale.
La Campania è la prima regione per il numero (70) di ecoreati contestati. La Sardegna è la regione con il maggior numero di denunciati (126), mentre l’Abruzzo per il numero più alto di aziende coinvolte (16). Il maggior numero di arresti è stato compiuto in Puglia (14), il numero più alto di sequestri in Calabria (43).
fonte: legambiente.it
Si allegano le conclusioni del Consiglio sul contrasto alla criminalità ambientale, adottate dal Consiglio nella 3508ª sessione tenutasi l'8 dicembre 2016.
Il documento ISPRA contiene una sintesi dei risultati delle attività complessivamente svolte dal Gruppo di lavoro “Ecoreati n. 61 - area 8”. In particolare, il documento contiene:
- un’illustrazione delle attività di indagine e approfondimento svolte dal gruppo di lavoro e del relativo metodo di lavoro applicato;
- la sintesi degli orientamenti applicativi della procedura di cui alla Parte VI-bis, D.lgs. n. 152/2006 più largamente condivisi;
- la sintesi delle questioni interpretative più controverse e le indicazioni e gli orientamenti per gli operatori del SNPA;
- criteri guida generali per la valutazione degli effetti e dell’entità delle conseguenze ambientali dei reati;
- una tabella dedicata alla individuazione di prescrizioni-tipo per l’estinzione delle principali contravvenzioni ambientali;
- un’illustrazione delle principali proposte di intervento/precisazione normativa individuate dal gruppo di lavoro, da rivolgere agli organi istituzionalmente preposti;
- una proposta di prosecuzione delle attività di osservatorio e di approfondimento tecnico sulla applicazione della Legge n. 68/2015.
In allegato, sono altresì riportati i documenti di approfondimento elaborati dal sottogruppo operativo giuridico e in particolare:
- una relazione sui risultati della ricognizione e dell’analisi giuridica delle indicazioni emesse a livello nazionale (Allegato A);
- tabelle sinottiche di raffronto degli indirizzi emessi a livello nazionale (Allegato B);
- una scheda di riepilogo della procedura di cui alla Parte VI-bis, D.lgs. n. 152/2006 (Allegato C).
Si tratta del procedimento che vale ad estinguere alcune fattispecie di reati ambientali tramite l’adempimento delle prescrizioni impartite dall’organo accertatore e il successivo pagamento in sede amministrativa di una somma pari a un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione (art. 318-quater). In ragione di una corretta gestione delle problematiche inerenti l'aspetto e del coinvolgimento nella procedura sia dell’organo accertatore, dell’organo asseveratore che dell’ufficio della Procura della Repubblica competente per territorio
Dopo la Procura della Republica di Trento, che era intervanuta con la Circolare n. 9/2015, Prescrizioni in materia di reati ambientali anche la Procura della Republica di Firenze interviene su una delle più importanti novità introdotte dalle recenti disposizioni in materia di reati ambientali [Legge 22 maggio 2015 n. 68, contenente disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente] è quella che introduce [negli articoli 318 bis e segg. del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152] il meccanismo di estinzione del reato, previa regolarizzazione, per le contravvenzioni del decreto legislativo n. 152 del 2006, che ricorda la analoga disciplina dell’adempimento alle prescrizioni delle contravvenzioni in materia di sicurezza sul lavoro.
Ricordiamo che dopo l'entrata in vigore della nuova disposizione si sono create non poche perplessità nell'ambito degli addetti ai lavori (tra cui i più attivi troviamo gli operatori dell'ARPAToscana clicca qui), in quanto la stessa novella all'art.318-quater indica che "Quando risulta l'adempimento della prescrizione, l'organo accertatore ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari a un quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa..."; tuttavia le sanzioni previste dal decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 sono individuate non nella sola ammenda ma anche nell' arresto o ammenda oppure dall'arresto e ammenda fino al solo arresto. Per non farsi mancare nulla lo stesso art.318-bis definisce che "Le disposizioni della presente parte si applicano alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal presente decreto che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette...".
La proposta dell'ufficio di Firenze è quella di applicare tale istituto solo alle contravvenzioni previste dal decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 punite con la sola pena dell’ammenda ovvero con la pena dell’ammenda prevista come alternativa all’arresto ed escludendo le restanti combinazioni sanzionatorie
trovate una sintesi della circolare sul sito dell'ARPAT
Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della giustizia, ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo recante disposizione in materia di depenalizzazione a norma dell’articolo 2, comma 2, della legge 28 aprile 2014, n. 67. Nello specifico l’obiettivo della riforma – in attuazione della legge delega approvata dal Parlamento ad aprile 2014 - è quello di trasformare alcuni reati di lieve entità in illeciti amministrativi sia per rendere più effettiva ed incisiva la sanzione assicurando al contempo una più efficace repressione dei reati più gravi,sia anche per deflazionare il sistema processuale penale.
Restano dentro il sistema penale, e quindi esclusi dal provvedimento, un decalogo di reati che pur prevedendo la sola pena della multa o dell’ammenda tutelano interessi importanti. Sono i reati in materia di:
Sommario: Premessa. – 1. Il delitto di inquinamento ambientale – 1.1. segue: la compromissione o il deterioramento “significativi e misurabili” - 1.2. segue: l’oggetto della compromissione o del deterioramento - 1.3 segue: il rapporto di causalità - 1.4. segue: l’abusività della condotta - 1.5.: segue: ancora sulla nozione di “abusivamente” - 2. Il delitto di morte o lesioni come conseguenza non voluta del delitto di inquinamento ambientale - 3. Il delitto di disastro ambientale - 3.1. segue: la condotta - 3.2. segue: la clausola di riserva - 4. L’elemento soggettivo. L’inquinamento e il disastro ambientali colposi - 5. Il delitto di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività - 6. L’impedimento del controllo - 7. Le aggravanti - 8. Il “ravvedimento operoso” - 9. Le disposizioni sulla confisca - 10. Il ripristino dello stato dei luoghi e il reato di omessa bonifica - 11. La responsabilità degli enti da delitto ambientale - 12. L’intervento sulla prescrizione – 13. L’estinzione delle contravvenzioni ambientali – 14. Le disposizioni residue.
Introduzione del titolo VI-bis del libro II del codice penale (rubricato « Delitti contro l’ambiente ») e altre disposizioni concernenti i delitti contro l’ambiente. La proposta è legge: si compone di sei articoli, intende colmare la lacuna nell'ordinamento nazionale e consentire un salto di qualità nell’azione di prevenzione e repressione dei delitti contro l’ambiente.
Si rinvia per i dettagli a Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente: tutte le novità - Ottavio SAIA
La Cassazione ha pubblicato sul proprio sito internet una Relazione, datata 23 aprile 2015, con la quale provvede a guidare nella nuova disciplina dell’immediata applicazione della “particolare tenuità del fatto”
PREMESSA: – 1. L’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto: natura giuridica e disciplina applicativa. – 2. L’immediata applicazione del nuovo istituto nei giudizi di merito celebrati con rito ordinario o abbreviato e nell’udienza preliminare. – 3. Non punibilità per particolare tenuità del fatto e sentenza emessa ex art. 129 cod. proc. pen. – 4. L’immediata applicazione del nuovo istituto nel giudizio di legittimità: profili problematici in tema di ammissibilità; – 5. (segue) eventuali problemi operativi. – 6. (segue) non punibilità per particolare tenuità del fatto e ricorsi inammissibili. – 7. L’immediata applicazione del nuovo istituto nei procedimenti speciali. – 8. L’immediata applicazione del nuovo istituto nel procedimento di archiviazione.
Nel parere approvato, la Commissione evidenzia che ".. dalle audizioni è emerso univocamente che l’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto non costituisce, neanche indirettamente, una forma di depenalizzazione e che il limite massimo della pena individuato dal legislatore delegante è finalizzato unicamente alla determinazione in astratto del perimetro perimetro di applicazione del nuovo istituto, nell’ambito del quale il giudice dovrà, caso per caso, verificare se il fatto concreto sia di particolare tenuità; ..[...]... la delega comunque non si limita ad individuare i reati ai quali applicare il nuovo istituto, ma precisa anche che questo può essere applicato a condizione che risulti la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento, per cui al legislatore delegato è lasciato un margine di discrezionalità per individuare eventuali criteri e parametri utilizzabili dal giudice per verificare in concreto che il fatto abbia determinato una offesa di particolare tenuità ed il comportamento lesivo non sia abituale; .."
Incontro organizzato lunedì 23 marzo, alle ore 10.30, nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, per fare il punto della situazione dopo l'approvazione in Senato, il 4 marzo, del ddl 1345 recante "Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente", ora di nuovo all'esame della Camera dei deputati.
fonte video: radioradicale.it
... "Nonostante si moltiplichino da più parti gli appelli ad approvare il ddl sugli ecoreati 'senza cambiare una virgola' credo che 'una virgola' vada cambiata ed in particolare la norma che introduce il 'disastro ambientale abusivo', che, come ha denunciato in un articolo su Lexambiente Gianfranco Amendola, autorevole e storico magistrato specializzato nel contrasto ai reati ambientali, crea una zona franca per chi inquina e distrugge l'ambiente in presenza di un'autorizzazione". E' l'opinione del leader dei Verdi Angelo Bonelli che rivolge un appello ai deputati che saranno chiamati a votare il provvedimento: "La norma assurda che introduce il disastro ambientale abusivo va modificata perchè se fosse approvata così com'è renderebbe impossibili i processi per disastro ambientale contro chi ha inquinato con autorizzazione lasciando impuniti, da sud a nord, i grandi inquinatori". "Un esempio degli effetti dell'introduzione del disastro ambientale abusivo? - conclude Bonelli -. Un processo come quello sull'Ilva di Taranto non si sarebbe mai potuto svolgere perchè l'acciaieria inquinava con autorizzazione dello Stato".
L'Autorità formula alcune osservazioni sulla disciplina delle verifiche antimafia da effettuarsi obbligatoriamente mediante la consultazione, anche in via telematica, di apposito elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa (White List), secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 52 della legge 6 novembre 2012, n. 190 (legge anticorruzione), come sostituito dall’art. 29, comma 1, d.l. 90/2014.
Nello specifico chiarisce che:
La stessa Autorità conclude dicendo che tenuto conto della novella normativa intervenuta in materia, dell’intenzione del legislatore e della necessità di rendere il quadro di sistema coerente con l’obiettivo di introdurre l’obbligo di iscrizione negli elenchi detenuti dalle prefetture, per le imprese che svolgono le attività maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa, sarebbe opportuno valutare di modificare il d.p.c.m. 18 aprile 2013, nel senso di prevedere espressamente l’obbligatorietà dell’iscrizione negli elenchi di che trattasi.