Deve disporsi il sequestro per equivalente ai danni dell’Ente, ai sensi degli artt. 19 e 53 d.lgs. n. 231/01, con riferimento alle somme necessarie per lo smaltimento dei rifiuti abbandonati in modo incontrollato e tali da costituire una discarica (artt. 256, comma 1, lett. d), e 2, in relazione all’art. 192 d.lgs. n. 152/06; art. 256, comma 3, d.lgs. n. 152/06).
Il deposito incontrollato di rifiuti, costituisce attività di gestione del rifiuto, che perdura fino al suo smaltimento o recupero, quindi condotta attuale, con la conseguente infondatezza dell’eccezione di irretroattività dell'art. 25 undecies del d.lgs. n. 231/01, che ha introdotto (col d.lgs. n. 121/2011) alcuni reati ambientali tra quelli che integrano la responsabilità dell’Ente per illecito amministrativo dipendente da reato.
Il citato d.lgs. n. 121/11, estendendo la responsabilità dell’Ente anche ai reati ambientali, ha ampliato considerevolmente l’ipotesi di sequestro e confisca per equivalente, non consentita nei confronti dell’indagato.
Non vi è violazione del principio del ne bis in idem qualora il decreto di sequestro per equivalente sia emesso per coprire i costi dello smaltimento dei rifiuti e, in precedenza, sia stato annullato analogo decreto emesso con riferimento ai costi di boniifica del terreno, pur riconoscendo la sussistenza del fumus boni juris. Trattasi di provvedimento che, pur avendo ad oggetto il medesimo fatto, è stato adottato sulla base di presupposti diversi da quelli valutati dal tribunale del riesame nel precedente provvedimento annullato (nei confronti del quale il Pm ha proposto ricorso per Cassazione).